Dentro la Ricerca: gli effetti della Pandemia sui bambini e adolescenti

Depressione e autolesionismo durante il COVID-19: i dati dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù raccontati dalla psicologa Maria Pontillo

Il progetto di Ricerca

Lo studio si è occupato di rilevare l'impatto psicologico della pandemia e delle restrizioni sociali associate sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti e di valutare eventuali cambiamenti nei ricoveri in urgenza nel reparto di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il nostro lavoro si è concentrato su due grandi categorie: quella dei ragazzi che avevano già un disturbo neuropsichiatrico - depressione, disturbo ossessivo compulsivo o disturbo d’ansia - già prima della pandemia e quella di coloro cui invece non era stato diagnosticato alcun tipo di disturbo.
Alla prima categoria appartengono i ragazzi che definiamo già vulnerabili. Ci siamo chiesti come abbiano gestito dal punto di vista psicologico una situazione che li ha costretti a un confinamento forzato in casa, deprivandoli della scuola come occasione di socializzazione fondamentale e riducendo le possibilità di movimento, come l’attività fisica e qualsiasi altra forma di sfogo.

Nel corso della pandemia – lo riportano i dati di uno studio che abbiamo pubblicato su una rivista italiana di psichiatria – questi ragazzi hanno avuto innanzitutto una esacerbazione della loro condizione di base: da depressi sono diventati più depressi, da ansiosi sono diventati più ansiosi. Inoltre hanno riscontrato l’insorgere di sintomi che noi chiamiamo stress-relati, ovvero sintomi che appartengono all'area post traumatica e che ci fanno pensare che abbiano sperimentato un vero e proprio trauma. Molti hanno presentato alterazioni del sonno, tendenza a estraniarsi, a isolarsi, reazioni di intenso turbamento emotivo anche di fronte a stimoli poco significativi. Tutti sintomi che vanno ad aggiungersi a una condizione di sofferenza di base.

C’è poi da considerare un dato allarmante, che avevamo sottolineato durante la pandemia: soltanto il 50% di questi ragazzi vulnerabili ha avuto continuità terapeutica ed è stato supportato psicologicamente dagli specialisti che li avevano in cura precedentemente. Per il restante 50% questa continuità non c’è stata e si sono ritrovati soli in una situazione di disagio psicologico.

La seconda categoria è quella dei ragazzi che non soffrivano prima della pandemia di un disturbo neuropsichiatrico. In questi ragazzi, ragazzi che non, abbiamo avuto modo di osservare un aumento dei livelli d’ansia e un aumento dei livelli di depressione quando si sono trovati a dover gestire le restrizioni associate alla pandemia.

L’analisi dei dati

Abbiamo fotografato in maniera sistematica l’andamento dei ricoveri presso la nostra neuropsichiatria infantile durante tutto il periodo di emergenza, e abbiamo avuto modo di fare alcune considerazioni. Una riguarda la prima quarantena ed è associata alla paura; il numero dei ricoveri in quella fase è stato particolarmente basso perché la gente aveva paura di andare in ospedale. Temeva la reciprocità del contagio, ovvero di contagiare ed essere a sua volta contagiato, e questo è valso anche per i ragazzi che seguiamo stabilmente, che non sono non si sono presentati in ospedale, nonostante avessero già una diagnosi, e fossero trattati farmacologicamente.

L’altra considerazione riguarda la seconda epoca pandemica – la cosiddetta seconda ondata italiana, da ottobre 2020 a gennaio 2021 – in cui si è registrato un aumento significativo del numero dei ricoveri. I ragazzi, nel lungo termine, con la persistenza delle misure restrittive e la riduzione delle occasioni di socializzazione, con l’ulteriore stravolgimento delle abitudini quotidiane, sono in un certo senso crollati psicologicamente.

Molti di loro sono arrivati in ospedale con alterazione dei ritmi sonno veglia (c'era chi arrivava a dormire sei ore continuative durante il giorno per poi non dormire la notte) e con tutta una serie di alterazioni fisiologiche sulla salute mentale che hanno portato delle condizioni di crisi per cui sono arrivati in emergenza e c’è stato il ricovero.

 

I ricoveri presso il Reparto di Neuropsichiatria

Perché avveniva il ricovero? Essenzialmente per tre motivi: ideazione suicidaria, autolesionismo e tentativi di suicidio. I dati più allarmanti riguardano l’autolesionismo - i ragazzi, per colmare il vuoto delle emozioni, l'assenza di stimoli, andavano ad auto regolare la loro emotività attraverso tagli, bruciature – e l’ideazione suicidaria - pianificare il suicidio perché la morte era vista come unica soluzione al disagio che avvertivano.

Quando abbiamo analizzato quale fosse la diagnosi con cui più frequentemente i ragazzi venivano ricoverati, abbiamo constatato che la depressione è stato il grande male che ha attraversato gli adolescenti che sono giunti alla nostra osservazione durante la fase pandemica.

Una depressione con due spunti che la rendono di una gravità importate, che sono, appunto, l’autolesionismo e l’ideazione suicidaria.

 

Adolescenti e preadolescenti

I nostri studi si sono concentrati su una fascia di età adolescenziale e preadolescenziale, quindi 11-18 anni, però abbiamo anche dei dati per quanto riguarda l’età evolutiva, quella dei bambini. Se la depressione ha colpito i ragazzi più grandi, i disturbi d’ansia hanno caratterizzato i più piccoli.

Un altro dato molto interessante che riguarda i bambini è stata una regressione delle abilità precedentemente acquisite: bambini che dormivano da soli che rifiutavano di addormentarsi senza la mamma, per un bisogno di rassicurazione; bambini che mangiavano in autonomia o iniziavano a muovere i primi passi e a dire le prime parole hanno subito un forte arresto di queste capacità, anche come conseguenza alla carenza di stimoli che favoriscono il potenziamento linguistico, così come altre abilità.

In conclusione, possiamo affermare di essere stato il primo reparto che ha fornito una fotografia dettagliata di questa situazione; altri ospedali hanno lanciato l’allarme, ma non esistevano ancora pubblicazioni con report specifici in merito.  

Con questo studio abbiamo tracciato un profilo d’utenza che ci permette di attivarci come servizio; tanto più si conosce l’utenza, tanto meglio ci si può organizzare per intervenire e rispondere alle necessità contingenti, pianificando attività e servizi che riescano a gestire emergenze psichiatriche secondarie a pandemie.

Mi riferisco a un supporto online immediato per adolescenti, alla prosecuzione dei controlli neuropsichiatrici, alla creazione di ponti e reti tra l’ospedale e i servizi territoriali – strutture, asl di riferimento, ma anche scuole, famiglia - per non abbandonare questi ragazzi.

Prospettive future

Approfondire l’emergenza psichiatrica durante la pandemia e la relazione tra richiesta in urgenza e fattori di rischio durante i periodi di quarantena per capire quali sono i fattori che più di ogni altro hanno portato alla slatentizzazione (ovvero far emergere ciò che è latent) di questi disturbi neuropsichiatrici, che potrebbero essere l’isolamento sociale, l’home schooling, l’alterazione del pattern del sonno, la preesistenza di una vulnerabilità psichiatrica di base mai riconosciuta, l’aver vissuto condizioni di conflittualità intra familiare che hanno esasperato eventuali fragilità.

 

Su questo si concentrerà il nostro lavoro futuro.

3/12/2021

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